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Frithjof Schuon – Caste e Razze

18/11/2012

La trattazione di Schuon si apre con la definizione dell’istituto delle caste, che trova la sua giustificazione nella differenziazione dei tipi umani con la conseguente diversità di attitudini e di qualificazioni. Nell’Induismo il sistema delle caste ha conosciuto la sua applicazione più rigida basata sul principio di ereditarietà della casta, mentre nell’Ebraismo e nell’Islam le caste sono assenti, poiché in queste culture ha prevalso la considerazione ugualitaria secondo la quale tutti gli uomini sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio. Fra queste due concezioni c’è l’Europa cristiana medievale nella quale la società era divisa in caste ma in modo abbastanza flessibile: la casta sacerdotale era vocazionale e la casta guerriera poteva accogliere elementi delle caste dei lavoratori attraverso processi di nobilitazione, e in questo modo poteva verificarsi l’eventualità che un contadino diventasse papa e consacrasse l’imperatore. Ma gli appartenenti alle caste, anche alle più umili, avevano ciascuno una propria dignità e delle qualità specifiche che ne determinavano la funzione sociale. Le antiche società gerarchizzate creavano anche spazi per individui senza attitudini particolari, dalla psicologia caotica e poco definita e quindi portati alla trasgressione: per proteggere l’ordine sociale dalla contaminazione di questi elementi si formavano i gruppi dei “fuori casta” e degli “intoccabili” nel mondo induista, oppure degli ebrei e degli zingari nel mondo occidentale. La mentalità moderna, fondata su concezioni ugualitarie derivate da grossolane e improbabili ideologie materialiste, e particolarmente avversa al principio di ereditarietà, ritiene inaccettabile dividere l’umanità in caste. Ma le caste antiche, come si è visto, avevano una funzione sociale che equilibrava le attitudini umane, mentre il materialismo moderno ha trasformato gli elementi mediocri in classe dirigente e di fatto ha ribaltato il senso delle caste, assegnando a incapaci e parassiti prerogative e privilegi del tutto ingiustificati, e determinando le disfunzioni sociali che caratterizzano il mondo contemporaneo. Nell’antichità e nel medioevo gli uomini avevano una chiara coscienza del senso del limite ed erano consapevoli dei rischi che l’umanità correva se lasciava spazio alle forze demoniache che si collocavano al di fuori dell’orizzonte del sacro. Nel mondo moderno, invece, la meccanizzazione e la tecnologizzazione dell’economia hanno creato la massa dei “proletari”, che non corrisponde a una casta naturale ma a una collettività quantitativa.

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